Effetti dell’amore tossico sui figli di madri manipolatrici

Pubblicato il 20 maggio 2025 alle ore 19:30

Essere, non fare la madre, è un cammino tanto emozionante quanto disseminato di insidie, straripante di ponti e abissi, di strappi e riparazioni. Si tratta di un legame che parte da lontano, quando il bambino non è ancora in utero ma abita nel cuore, quando non è ancora in carne e ossa ma è un bambino fantasmatico; legame che prosegue poi per il resto della vita, anche quando il figlio è anagraficamente adulto. Il rapporto affettivo tra madre e figlio dovrebbe camminare in bilico tra presenza e giusta distanza, tra cura, accudimento e autonomia.

 

L’alternanza di amore e giusta distanza, però, non è quasi mai dalla facile attuazione. È una danza chimerica tra i bisogni della madre e quelli del figlio, tra le proiezioni della madre e le sue paure. Tra il sommerso e l’irrisolto che muovono le fila di molti comportamenti o bisogni del cuore e un bambino che cerca di venir fuori a fatica dall’uovo-famiglia.

 

La capacità di essere delle buone madri dipende da un variegato caleidoscopio di fattori: dalla struttura di personalità della madre, dal carattere del bambino, dal legame genitoriale - quindi dall’equilibrio psichico della coppia - e dalle dinamiche familiari che si sono venute a creare. La madre cammina in bilico come una funambola tra il suo essere mamma, il suo essere donna e compagna di vita. Gli equilibri sono complessi e talvolta un’area incombe sull’altra con il rischio di fagocitarla.

 

Quando il bambino è piccolo la madre, solitamente, è particolarmente accuditiva. Dalle sue cure e attenzioni dipende la sua crescita psico-fisica, il suo benessere, il suo futuro. Il bambino cresce e il rapporto madre-figlio si mette in cammino.

 

Cambiano gli equilibri, o dovrebbero cambiare, l’ago della bilancia si sposta verso il polo dell’autonomia fisica e psichica. La madre, nonostante rimanga sempre presente, fa o dovrebbe fare un passo indietro. Gli insegna ad allacciarsi le scarpe da solo, a mangiare da solo, a prendere un autobus per andare a scuola senza smarrirsi, ad attraversare la strada senza farsi investire. Appaiono le prime conquiste e di conseguenza le prime ansie.

 

Alcune mamme hanno difficoltà a staccarsi dal loro bambino perché pensano che lui, senza la sua indispensabile presenza, non può muoversi liberamente nel mondo, e perché lei, la madre, non ha più motivo di esistere senza il suo ruolo e identità materna. Lo considerano piccolo, da accudire, fragile per un mondo così pieno di insidie e minacce. Un figlio che viene cresciuto a pane e ansie diventerà a sua volta un adulto ansioso e insicuro, fragile e spaventato dal nuovo, con una scarsa autostima. Non sarà in grado di cavarsela da solo, con una buona possibilità cercherà partner dominanti dai quali farsi guidare nella speranza di ricevere in cambio cure e sostegno psicologico di genitoriale memoria.

 

Alcune madri, per struttura di personalità, perché a loro volta sono state cresciute da madri ingombranti e onnipresenti delle quali ripropongono le orme, perché sono infelicemente coniugate e per tanti altri motivi, diventano madri asfittiche. Ipervigili, controllanti, esuberanti, super presenti, sostitutive dei bisogni dei figli. In pratica, effettuano un pericolosissimo spostamento dalla loro vita e dai loro più segreti bisogni a quella dei loro bambini. Cercano di avere il controllo su tutto pensando di sapere quale sia la scelta migliore  per il loro bambino, atteggiamento che si acuisce quando il bambino cresce e inizia a prendere le proprie decisioni in autonomia. Quale liceo frequentare, quale fidanzato o fidanzata amare, come vestirsi, truccarsi, farsi o non farsi la barba.

 

Il bambino che diventa adulto lascia un vuoto incolmabile, così, quando la madre ha fatto solo la madre non regge al distacco, non sa trasformare il legame in un legame adulto e risolto, virando pericolosamente e suo malgrado, verso una dimensione di egoismo, di narcisismo e manipolazione, di estrema seduzione.

 

L’ombra ingombrante di una madre invadente o sin troppo presente può avere gravi implicazioni nel raggiungimento dell’indipendenza e della felicità. Un bambino cresciuto sotto l’egemonia di una madre manipolatrice ha dovuto barcamenarsi come ha potuto. Ha imparato l’utilizzo ricorrente di bugie o mezze verità nel tentativo di cercare di ritagliarsi un angolo di cielo. Mentire è per lui una scappatoia dalla morsa materna, un vero e proprio meccanismo di sopravvivenza che verrà da lui utilizzato anche in età adulta per evitare di assumersi la responsabilità delle sue azioni.

 

Le madri irrisolte e invadenti considerano i figli come se fossero di proprietà personale. Un bene prezioso di cui occuparsi e preoccuparsi, sempre e per sempre. Questo legame tossico ha tutta una serie di implicazioni per lo sviluppo emotivo, psichico e sessuale del bambino. In ambito amoroso e sessuale un bambino che diventa adulto vivrà in legami d’amore in maniera zoppicante: da un lato desidera amare ed essere amato, dall’altro teme inconsciamente di tradire la madre e di trovare una donna fagocitante come lei. Sviluppa così una chiara difficoltà nello stabilire un’intimità e un’autentica connessione emotiva con un partner adulto.

 

Occuparsi di un figlio non significa preoccuparsene in continuazione. Tenere per sé la paura per una tappa simbolica e faticosa della sua vita equivale a regalargli la possibilità di spiccare il volo. Far sì che il piccolo diventato ormai adulto possa accedere alla sua dimensione adulta dell’esistenza: quella psichica e dell’autonomia.

 

Occorre, perciò, che la madre faccia un passo indietro per far sì che il figlio cada e si rialzi; che sbagli e ripari, che scelga amori sbagliati per poi capire cosa non vuole più dalla vita; che trovi il suo baricentro psichico, senza stampelle o sostituti materni vicarianti.

 

Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa e Psicoterapeuta

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