un messaggio per chi sta lottando
La depressione non è una debolezza, né una mancanza di volontà. È una condizione reale e profonda che può oscurare ogni colore della vita. Quando la mente sprofonda in quel buio, i pensieri possono diventare un peso insostenibile, fino a toccare l’idea della fine come via di fuga. Il rischio suicidio è una delle conseguenze più gravi della depressione, e parlarne apertamente è il primo passo verso la prevenzione.

Il concetto di perdita risulta centrale sia nella depressione che nel disturbo bipolare, a cui si sommano sentimenti di disperazione ed inaiutabilità che portano la persona a credere di non avere più via d’uscita da quello che sembra essere un dolore emotivo intollerabile, tanto da arrivare a pensare al suicidio. I pensieri ricorrenti di morte e di suicidio derivano dalla convinzione che, in ogni caso, non valga più la pena vivere.
Le idee di morte sono intrinseche alla psicopatologia depressiva, caratterizzata da temi di colpa, indegnità, rovina e possono avere diversi livelli gravità:
- Sensazione che la vita non valga la pena di essere vissuta
- Disinteresse per la vita e desiderio di morire
- Idee di suicidio
- Propositi di suicidio
- Formulazione di piani di suicidio
- Gesto suicidiario
Nonostante il comportamento suicidario (suicidio e tentativo di suicidio) sia un comportamento umano complesso e multicausale, associato a numerosi fattori di rischio e protettivi, un episodio depressivo maggiore non trattato è il fattore di rischio più importante. Fino al 15% dei pazienti con disturbi dell’umore (depressione maggiore e disturbo bipolare I e II) muore suicida e la metà di essi commette almeno un tentativo di suicidio nel corso della vita. Il comportamento suicidario in pazienti con disturbo dell’umore si manifesta quasi esclusivamente durante un episodio depressivo maggiore acuto e grave, meno frequentemente durante un episodio affettivo misto o in mania disforica e molto raramente nel corso di mania euforica, ipomania, ed eutimia. Ciò suggerisce che il comportamento suicidario in pazienti con disturbi dell’umore sia un fenomeno stato e gravità dipendente.
I clinici, al fine di identificare con più facilità pazienti con disturbo dell’umore ad alto rischio di suicidio, dovrebbero sempre tener conto di quelli che sono i fattori di rischio suicidario legati sia alla patologia che alla struttura di personalità, come:
- Ideazione suicidaria
- Precedenti tentativi di suicidio
- Abuso di sostanze
- Tendenze impulsive e/o aggressive
- Irrequietezza e/o agitazione psicomotoria
- Senso di perdita di speranza
- Insonnia persistente
- Gravi eventi di perdite
- Traumi gravi subiti
- Senso di disperazione
- Atteggiamento di rassegnazione
- Situazioni di disagio economico, disoccupazione, stato di povertà-crisi finanziarie, perdita del lavoro
- Situazioni di emarginazione, solitudine, mancanza di sostegno sociale, stigma associato al bisogno di chiedere aiuto, convinzioni legate al credo religioso o ad aspetti strettamente culturali, oltre che informazioni specifiche sulla famiglia e la storia personale
Un trattamento appropriato in acuto e a lungo termine dei disturbi depressivi, che includa metodi sia farmacologici sia non farmacologici, riduce marcatamente il rischio di suicidio commesso e tentato, anche in una popolazione così ad alto rischio.
Ai fattori di rischio possono aggiungersi dei fattori precipitanti che aumentano le probabilità che una persona depressa possa pensare al suicidio:
- Licenziamento
- Tracollo finanziario
- Perdita di una persona cara, della casa, della libertà
- Cambiamenti radicali del proprio status economico e sociale
- Rottura di una relazione significativa
- Grave malattia
Diversi autori (Laster, 1998; Szanto, et al., 1998, Beck, et al., 1975) sottolineano come la presenza del sentimento di disperazione e di impotenza rappresentino indici da tenere in considerazione per il rischio suicidario nei pazienti bipolari. La fase maniacale/ipomaniacale rimanda ai pazienti l’idea di essere efficaci, geniali, instancabili, creativi, interessanti e per tali caratteristiche è uno stato che si tende a desiderare e mantenere nel tempo. Quando il paziente bipolare transita nella fase depressiva percepisce la forte discrepanza con lo stato precedente, motivo per cui inizia a considerarsi pigro, debole, incompetente, prova colpa per la mancanza di motivazione ed interesse. Restando polarizzato cognitivamente ed affettivamente su questa immagine negativa di sé e sull’idea che lo stato precedente non tornerà più, cade nell’immobilismo più totale, niente è più in divenire ed il suicidio viene visto come l’unico atto per fronteggiare il vuoto della vita e la perdita di speranza.
Un trattamento appropriato in acuto e a lungo termine dei disturbi depressivi, che includa metodi sia farmacologici sia non farmacologici, riduce marcatamente il rischio di suicidio commesso e tentato, anche in una popolazione così ad alto rischio.
La farmacoterapia antidepressiva è, infatti, un metodo necessario ma non sufficiente per ridurre il comportamento suicidario nei pazienti depressi. Ci sono evidenze scientifiche del fatto che anche psicoterapie concomitanti focalizzate sulla depressione migliorano la compliance dei pazienti e aumentano l’efficacia della farmacoterapia e potrebbero, quindi, contribuire alla prevenzione del suicidio per pazienti con gravi disturbi unipolari e bipolari ricorrenti.
Il lavoro di ristrutturazione cognitiva e di comprensione dell’origine del disturbo della psicoterapia insieme ad una terapia che coinvolga i familiari può aiutare il paziente a ricostruire un senso del sé più solido e a ridurre, così, anche il rischio di mettere in atto un comportamento suicidario.
Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa e Psicoterapeuta
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